Critica d’arte come indagine sui contenuti nascosti

La generale crisi in cui si sta incartando il sistema capitalistico globale è plasticamente raffigurata dalla “perdita della qualità” proprio nel settore che più di tutti sulla qualità dovrebbe reggersi: l’opera d’arte.

Un verminaio di imbecilli prepotenti e senza volto, che foraggiano i guadagni di un cinico sottobosco culturale, spesso al traino dell’altrettanto cinico sottobosco politico, occupa ormai l’intero settore dell’editoria, delle Sovrintendenze e dell’Università. Si va avanti per slogan e per pensieri politicamente prefabbricati.

La cultura, quella vera, quella coltivata nel silenzio del proprio studio, in dialogo soltanto coi libri e coi pochi amici che ancora si ostinano e leggere libri, è naufragata nello schiamazzo plebeo, nei giudizi storici stabiliti per legge, nelle retoriche manifestazioni ufficiali, che sono diventate il vero “oppio dei popoli”.

E’ l’epoca degli Augias, degli Sgarbi, delle Lenin in gonnella, delle sgangherate certezze delle Càrole e della Commissione europea… per tacere dell’universo giornalistico untuoso e liquidatorio, che tracima come un fiume inquinato in tutti i mass-media.

Perciò, con gli unici mezzi che si hanno a disposizione, i social (Dio ce li conservi, con tutti i difetti che possono avere), possiamo soltanto proporre delle riletture, dove magari, come nel caso di Gombrich, le opere d’arte sono portatrici dei profondi contenuti che caratterizzano una civiltà.

L’Uomo ha fatto tanta fatica per allontanarsi dagli egoismi senza prospettive esistenziali del paleolitico. Non è il caso di ritornarci nell’era digitale, con la sua trasformazione da “Essere pensante”, da Sapiens sapiens, a mero e ottuso consumatore.

Rocambole Garufi

Gandolfino d’Asti, Santa Lucia
Gandolfino d’Asti, Assunzione
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